IL TEMPIO DI VOLTUMNA
Quando gli archeologici parlano del Tempio di Voltumna, il massimo sacrario del popolo etrusco, da loro situato in Orvieto, al Campo della Fiera, mostrano quanto sia del tutto erronea la loro concezione dell’argomento e quanto ciò sia troppo avventatamente affrontato. Perché, in sostanza, il Fanum, luogo altamente sacro, nell’antica concezione religiosa di età etrusca, non è mai stato banalmente un “tempio”, così come lo si presenta, ma molto di più.
Innanzitutto il Tempio nazionale non può essere stato ubicato in un luogo “qualsiasi”, ma deve aver corrisposto ad un sito con precise e ineludibili qualità territoriali e ambientali di “geografia sacra”. Questo è il punto centrale di un tema che è stato snaturato dal suo specifico contesto semantico. Per fare un chiaro e semplice paragone: quanto affermato dagli archeologici equivale a dire, ad esempio, che il Vaticano, il Colle dei Vates, potrebbe essere stato anche ubicato altrove, sopra un qualsiasi colle romano; ma tutti sanno che il maggior sacrario della cristianità è stato collocato non certo casualmente su quel particolare colle, sulla riva destra (etrusca) del Tevere, dove abbondano fonti sorgive e santuari pre-cristiani, da dove si domina dall’alto il panorama dell’Urbe e dove esisteva, già in età pagana, il maggior sito sacro locale, come dimostrato dagli scavi condotti sul colle e persino nei sotterranei della basilica di San Pietro.
Per i popoli antichi, la sacralità non era un qualcosa che si poteva inventare ! Né spostare come un pacco postale ! La sacralità di un luogo doveva essere garantita da elementi concreti, attestanti la presenza di un “genius loci”: sorgenti, boschi sacri, posizione alta e strategica e, in primis, la celebrata presenza in loco, già dalle epoche più remote, di importanti insediamenti sacri. Questo è il motivo per cui gli antichi luoghi sacri, pur mutando le epoche e le società, hanno sempre conservato il loro originario e specifico carattere di sacralità.
Tutto questo è il necessario retroscena di significati, pertinenti alla Storia delle Religioni (e non dell’Archeologia), che deve essere valutato quando si parla del sacrario nazionale del popolo etrusco. Non si sta parlando di un tempio qualsiasi, ma di un sito di antica e tradizionale sacralità, che la tradizione ha sempre chiaramente collocato a Bolsena. Mentre tutto ciò è del tutto assente sulla rupe orvietana. Basti osservare la centralità del lago di Bolsena nella geografia dell’antica Etruria rupestre e vulcanica, rispetto alla quale Orvieto è del tutto marginale….Orvieto è sul confine umbro ! Basti ricordare l’agiografia di Santa Cristina e dei santi “sauroctonei” (uccisori di draghi), degli eredi del locale culto otonio etrusco. Basti citare i venti e più templi etruschi individuati dagli archeologici sulla via Francigena, esplicita testimonianza dell’annuale pellegrinaggio al sacrario nazionale etrusco, come tramanda il Rescritto di Spello.
In tutte le epoche storiche, dall’età del rame fino al secolo del Sangallo e del Vignola, il lago è stato sempre celebrato nella sua sacralità. Così il monte Tabor e l’isola Bisentina, così la Martana con Santa Cristina, Santa Marta, Santa Maria Maddalena e la regina Amalasunta. Così testimoniano le decine e decine di insediamenti, necropoli, templi e santuari che si susseguono senza interruzione lungo tutte le sponde del cratere.
Orvieto è una rupe isolata in una valle argillosa, arida e semideserta….Bolsena è stata il “corno d’abbondanza” della Fortuna etrusca (Norzia), ma anche della spiritualità pre-etrusca e cristiana, se si hanno occhi per vedere e se ci si accosta al tema in questione con mente aperta, senza idee preconcette.