APPROFONDIMENTI, AUTORI, FANUM VOLTUMNAE

LA VOLSINII ETRUSCA di Cesare Morelli

Fanum-Fioravanti,  accesso all’articolo sul Fanum di Alessandro Fioravanti di Bolsena, ingegnere, archeologo, archeo-sub del lago, pubblicato sulla rivista ARCHEOLOGIA del           febbraio 1986. L’archeologo, grazie anche alle conoscenze tecniche dell’ingegnere, individua e descrive i caratteri del colle prospiciente la Bolsena moderna ritrovandovi gli aspetti della città etrusca del Fanum Voltumnae descritta dagli storici Zonara e Pseudo Aristotele. Caratteri illustrati da Cesare Morelli riprodotti nell’articolo che segue.

Cesare Morelli, con il libro VOLSINII ETRUSCA edito dal Gruppo Archeologico Romano nel 1986, ha dato il suo contributo di filologo all’irrisolto problema dell’ubicazione del Fanum Voltumnae. Come il collega e filologo tedesco K.O.Müller fece nel 1828, il Morelli esamina i brani che trattano del Fanum Voltumnae contenuti nei testi degli scrittori antichi, J. Zonara e lo Pseudo Aristotele, giungendo a conclusioni diverse.

 A)   – dallo Pseudo Aristotele

TESTO-PS.ARISTOTELE

“c’è poi una città in Etruria, denominata “Vinaria”, la quale dicono esser (che è) oltremodo forte.

In mezzo infatti alla stessa c’è un colle alto, prospiciente per trenta stadi in alto e in basso “rispettivamente” (ndt) una selva foltissima e acque (1 st.=ca 200 m.).

Ebbene, raccontano che i residenti temendo che sorgesse qualche tiranno, si sono eletti capi di se stessi alcuni schiavi liberati, e questi li governano e si avvicendano gli uni agli altri annualmente”.

A)   – J. Zonara

TESTO-ZONARA

  1. Sotto i consoli Fabio ed Emilio, i Romani combatterono contro i Volsinesi per la libertà dei medesimi.
  2. Erano infatti alleati ad essi.
  3. Costoro, che erano i più antichi degli Etruschi, si erano elevati al potere e si erano costruita un muraglia fortissima, e si avvalevano di una Costituzione bene ordinata, e per tutte queste cose combattendo al dunque coi Romani, resistettero tanto a lungo.
  4. Come però furono sottomessi, essi da una parte si abbandonarono alle mollezze, da l’altra affidarono il governo della città ai servi, e persino le spedizioni militari facevano a mezzo di loro.
  5. E alla fine, a tal punto li promossero che gli schiavi assunsero forza e alterigia e si reputarono degni della libertà.
  6. Poi, con l’avanzare del tempo, conseguirono anche questa da essi stessi, e sposarono le donne di loro e subentrarono ai padroni, e si iscrissero alle liste del Consiglio e procacciarono le Magistrature e presero tutti insieme il potere, e inoltre anche le ingiurie che dai padroni erano state fatte, con più imprudenza ad essi ricambiarono.
  7. Gli antichi cittadini non potendo né sopportare costoro né da sé vendicarsi, mandarono di nascosto a Roma degli ambasciatori.
  8. I quali per vie segrete sollecitarono il Senato a venire di notte in una casa privata, affinché nulla trapelasse al di fuori.
  9. E così accadde.
  10. Mentre deliberavano credendo di non essere ascoltati, un sannita che era ospite presso il padrone di casa e che era ammalato, rimase occulto, standosene al suo posto, e apprese le delibere che avevano votato e ne trasmise l’avviso a coloro che erano incolpati.
  11. Questi si impadronirono degli ambasciatori al loro ritorno e li torturarono per farli confessare.
  12. Saputo così quello che si tramava, uccisero loro e i principali altri notabili.
  13. Ordunque, per queste malefatte i Romani inviarono lor contro Fabio.
  14. Costui volse in rotta l’esercito nemico, e avendone uccisi molti nella fuga, rinserrò gli altri nelle mura, infine prese d’assalto la città.
  15. Però lui stesso (il console), ferito, morì; per cui essi, fattisi coraggio di tanto, fecero una sortita.
  16. Di nuovo sconfitti, si ritirarono dentro le mura e subirono l’assedio.
  17. Poi, soggiacendo alle strettezze della fame, si arresero.
  18. Il console uccise, tormentandoli, coloro che avevano usurpato gli onori dei propri signori e distrusse dalle fondamenta la città; poi trasferì in altro luogo i gentili e, se erano stati bravi con i loro padroni, alcuni degli schiavi.

L’autore scrive: “Non sarà inutile premettere alle nostre considerazioni che nei tempi antichi Volsini etrusca ha avuto il solo nome: Velzna, Velsu, Velznahi (locat.), quasi omofoni. In latino Volsinium o Volsinii semplicemente.

Le dizioni “Volsinium vetus” e “novum”, oppure “Volsinii veteres” e “novi”sono nate nel 1828, quando il tedesco K.O. Muller, avvalendosi degli scrittori antichi più probanti in materia – J. Zonara e lo Ps. Aristotele – propose delle interpretazioni innovative …”.

Il Müller era giunto alla conclusione che la città vecchia fosse Orvieto e la nuova Bolsena. Ma, come sostiene il Morelli, in nessuna parte dei brani riportati si parla di due città. Solo Zonara racconta che il console romano distrusse la città e trasferì in “altro luogo” i gentili. E’ arduo, rileva in sintesi l’autore, tradurre il trasferimento in “ altro luogo” nella fondazione di una nuova città. Altre espressioni usate dai due autori antichi sono state oggetto di diversa interpretazione. Lo Ps. Aristotele parla dell’esistenza di una città con in mezzo un “colle alto”, prospiciente per trenta stadi in alto e in basso una “selva foltissima” e “acque”. Zonara scrive che gli abitanti (della città) si erano costruita una “muraglia fortissima”.

Quindi, gli elementi caratterizzanti l’etrusca Velzna sono: una “muraglia fortissima”, un “colle alto” al centro della città, una “selva foltissima” sia in alto che in basso rispetto alla città stessa, tanta “acqua”.

I profili delle due colline a confronto: collina di Orvieto (sopra) e di Bolsena (sotto). Sul pendio della collina di Bolsena si alza una gobba (il colle alto in mezzo, di cui parla L Pseudo Aristotele). Immagine da Alessandro Fioravanti, articolo pubblicato dalla rivista ARCHEOLOGIA 1986.

Su queste notizie fornite dagli autori antichi, il Morelli sviluppa i suoi ragionamenti di studioso per concludere: “Sol che io, forte delle argomentazioni che sostanziano questo “excursus”, porrei … il grado delle probabilità: maggiore per Volsinii etrusca a Bolsena (Vietena) che non a Orvieto”.

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