APPROFONDIMENTI, FANUM VOLTUMNAE

FANUM VOLTUMNAE

versione inglese

Secondo gli archeologi che da una decina di anni conducono scavi in  Orvieto, la città umbra sarebbe stata la sede del Fanum Voltumnae, il santuario federale delle dodici tribù etrusche dove, annualmente, si riunivano i dodici lucumoni e si tenevano assemblee, officiando le ritualità in onore della maggiore divinità  nazionale, Voltumna.
Il Fanum, dunque, era l’ombelico sacro (omphalos), ovvero il centro religioso e confederale di tutta l’Etruria.
Numerosi e significativi elementi fanno però intravedere un’altra possibilità: che la sede del Fanum non fosse Orvieto, bensì l’area del lago di Bolsena.
Orvieto fu certamente un’importante città etrusca e sicuramente avrà avuto un suo tempio consacrato alla massima divinità etrusca. E altrettanto può dirsi per altre importanti città tirreniche: Volterra, Volturnum (Capua), Felsina (Bologna) ecc… Ma per quanto  concerne il santuario confederale delle dodici città etrusche, non pochi indizi, tradizioni e monumenti sembrano indicarne la sede sulle rive del lago di Bolsena. Scopo del presente scritto è di segnalare sinteticamente una serie di evidenze, riguardo al tema in questione, che finora non sono state prese in considerazione e che non paiono di marginale rilevanza.

FANUM

Il pozzo dell’isola Bisdentina che attraversa il monte Tabor (=ombelico)

Nel Dizionario della Lingua Latina (B.Calonghi), alla voce “fanum”, troviamo i seguenti significati: “luogo consacrato, dedicato alla divinità; recinto sacro, santuario, tempio.”
Vi è una sostanziale differenza tra le parole latine “templum” e “fanum”. La prima è usualmente riferita ad un tempio architettonico, la seconda ha un’accezione più ampia, indicando soprattutto un particolare luogo sacro, un sito naturale più o meno esteso ritenuto sacro. E’ comune l’associazione tra un “fanum” e uno speciale luogo naturale, lago, bosco, sorgente, monte: Fanum Feroniae (il bosco sacro di Feronia, sotto il monte Soratte), Fanum Dianae (il bosco sacro di Diana, sul monte Albano), Fanum Fortunae (a Fano, sotto il monte Giove). Questi citati furono anche denominati con il termine “lucus” (bosco) e dedicati a divinità femminili, presso celebri montagne sacre, fuori da centri abitati, in siti già frequentati da età antica (pre-etrusca) e dove poi, in età storica, sorsero santuari e templi. La concezione insita nella parola “fanum” rimanda a quella antica visione del territorio che assegnava ad ogni luogo sacro una sua specifica identità, un suo particolare Genius Locii, origine di sacer.
Nella ricerca del Fanum Voltumnae è quindi essenziale individuare un territorio in relazione al culto di Voltumna, più che un singolo tempio. All’epoca, visto che si trattava del dio nazionale, dovettero sorgere suoi templi in molte città etrusche.

VOLTUMNA

Nel Dizionario della Lingua Latina (Calonghi), alla voce “Voltumna”, si legge: “Voltumna, ae, f., dea protettrice della confederazione dei dodici stati etruschi, presso il cui tempio si tenevano le assemblee generali, Livio 4, 23, 5 ed altri”.
Si tratta di una dea, come anche sostenuto dai maggiori linguisti e storici, e non di un dio “bisessuale”, come ritenuto da M. Pallottino e dalla sua “scuola” che hanno confuso la diade etrusca (Veltune, il dio e Voltumna, la dea) con una inesistente divinità androgina. Secondo autorevoli storici e filologi, il nome della dea si sarebbe mutato, nei secoli, in Vortumna e Fortuna; l’etimo è sempre il medesimo: volt, vort, fort, in allusione al “volgere, vertere, girare”, essendo la ruota della fortuna il principale simbolo della dea. Una famosa tradizione riporta  che a Volsinii sorgeva il tempio della dea Fortuna, chiamata dagli Etruschi Nortia.
Di questo tempio restano diverse stampe e riproduzioni (1): il tempio è raffigurato all’entrata settentrionale di Bolsena, davanti a Porta Fiorentina. Secondo la tradizione, nel tempio etrusco  di Nortia, a Volsinii (= Bolsena), veniva infisso il chiodo “fatale”, per fissare ritualmente lo scorrere degli anni. La “ruota” della fortuna era anche la ruota del tempo e del fato.

Alessandro Fioravanti, geologo, archeologo e archeosub

LE “AIOLE”, TUMULI PROTOSTORICI (3)

Le cosiddette “aiole” di Bolsena sono la testimonianza più pregnante della speciale opera di sacralizzazione del lago e delle sue rive, avvenuta già nella remota età pre-estrusca. Le “aiole” furono scoperte da Alessandro Fioravanti, geologo, archeologo, ingegnere ed inventore delle prime tecniche di ricognizione archeologica subacquea (anni ’50).
Si tratta di quattro enormi tumuli, eretti sulle quattro rive del lago, prima che il livello delle acque salisse di circa otto metri, sommergendoli (X secolo a.C.).
Tutti e quattro i tumuli furono eretti sopra fonti di acque termali, sull’antica riva, davanti al grande specchio lacustre. Sono quattro imponenti monumenti sacri (il più grande, il Gran Carro, è lungo 80 m, largo 60 m, alto 5 m) aventi funzioni di marcatori territoriali, realizzati in un arcaico contesto di culto delle acque. I quattro tumuli attestano un rito di fondazione di età pre-etrusca. Da allora il lago fu ritenuto sacro fino in epoca etrusca e poi nel medioevo cristiano, quando fu chiamato “lago di Santa Cristina”.

SANTA CRISTINA

E’ oggi un dato acquisito il sovrapporsi della tradizione cristiana nei luoghi della precedente tradizione “pagana”.
Santa Cristina è la patrona cristiana dei luoghi d’acque: laghi (Bolsena, Trasimeno, Orta ecc..), fiumi (Arno, Albegna, Po ecc..), mari (Palermo, Corsica, Spagna …) e altri siti d’acque. Come tanti altri casi di santi cristiani, il culto di Santa Cristina andò a sostituire quello di una precedente divinità. Nel caso di Bolsena, la santa martire sostituì con il suo culto quello di Voltumna (o Fortuna, o Nortia …), dea della Fortuna, dell’abbondanza (suo simbolo è la Cornucopia) e delle acque fecondatrici.

Santa Cristina e le dodici amcelle

IL PELLEGRINAGGIO AL FANUM E LA VIA FRANCIGENA

Quello della via Francigena è ancora oggi il maggiore pellegrinaggio cristiano d’Europa. Secondo i più autorevoli studiosi di Storia delle Religioni, il pellegrinaggio è da considerarsi fra le più antiche forme di pratiche religiose.
I grandi pellegrinaggi hanno quasi sempre origini preistoriche.
Il pellegrinaggio della via Francigena passa per San Lorenzo Nuovo (tempio etrusco di Torano), sotto il monte Landro (tempio etrusco da poco scoperto), prosegue per Bolsena (sede del duomo di S. Cristina e di diversi templi etruschi), passa poi vicino al tempio etrusco di Turona, prosegue per Montefiascone (tempio d’altura nel palazzo dei Papi), per poi dirigersi verso Roma.
All’interno del cratere di Bolsena la via Francigena passa per una serie di templi etruschi, affiancati da chiese cristiane, dirute o ancora consacrate. Il pellegrinaggio etrusco al Fanum di Volsinii è documentato dal Rescritto di Spello (4) (IV sec. d.C.), firmato da Costantino il Grande. Il pellegrinaggio al Fanum ebbe durata plurisecolare e ciò spiega il suo profondo radicarsi nelle terre del lago e il perché divenne poi necessario, per la cristianità, di farlo diventare un pellegrinaggio cristiano. Studiando nel dettaglio il percorso della Francigena, si possono individuare con precisione i luoghi del precedente pellegrinaggio etrusco al Fanum lacustre.

TEMPLI NELL’AREA DI BOLSENA

Ciascuna delle quattro rive del lago conserva i resti, o le memorie, di numerosi templi etruschi, da Turona a Bisenzio, da Bolsena a San Lorenzo Nuovo, da Montefiascone a Marta. Altrettanto è vero per le necropoli che, per la maggior parte, sono ancora interrate, mai valorizzate, né tutelate. E’ un patrimonio immenso del quale i locali sono bene a conoscenza e che oggi è sempre più in stato di degrado e abbandono. Recentemente il dottor Angelo Timperi, già ispettore e archeologo della Soprintendenza per l’Etruria Meridionale, attivo nell’area di Bolsena per trenta anni, ha pubblicato “Il Fanum Voltumnae a Bolsena” (Viterbo 2010), indicando la presenza di un importante tempio etrusco di età arcaica, interrato nell’area di Poggio Moscini. Altri “dimenticati” resti della etrusca Volsinii (= Bolsena) sono stati indicati dal Dottor Timperi.
Nella primavera  del 2011 è inoltre venuto alla luce un tempio etrusco di età arcaica sulla vetta del monte Landro, tra Bolsena e San Lorenzo Nuovo. La superficie del Santuario è di oltre 100 metri quadrati, all’interno di un ancor più vasto recinto sacro. Preziosi reperti sono già stati raccolti in superficie ma, inaspettatamente, lo scavo è stato velocemente sospeso e interrotto (?).
Templi e “rudera templi” sono segnalati soprattutto lungo il versante settentrionale del lago, lo si può vedere nella ricca cartografia medievale e nei toponimi ancora conservatisi. L’erudito Andrea Adami, nel suo “Storia di Volseno” (1737, Biblioteca di Bolsena), indica la presenza di un tempio etrusco, dedicato ad Apollo, vicino al duomo di S.Cristina (Poggio Pesce). La “vasca”, o meglio il bacile lustrale, che oggi si trova su un marciapiede, all’incrocio tra la piazza di Bolsena e il lago, proverrebbe da quel tempio.

LE FONTI CLASSICHE

La controversia sull’ubicazione dell’etrusca Volsinii, dove la tradizione sostiene vi fosse il Fanum delle 12 città, verte sulla tesi, avanzata da archeologi italiani, che Bolsena sia stata fondata nel III secolo a.C. (Volsinii Novi), dopo la conquista romana di Orvieto (Volsinii Veteres), sede del Fanum Voltumnae. L’archeologo francese Raymond Bloch, che scavò estesamente a Bolsena, riportò alla luce una cinta muraria di età arcaica (V sec. a.C.). Ma, passato il clamore della scoperta, archeologi italiani hanno “riformulato” la datazione: le mura sarebbero della fine del terzo secolo, quindi erette dopo l’occupazione romana. Questa tesi contrasta con l’evidenza che le mura delle altre città etrusche furono erette intorno all’epoca della Repubblica romana (V sec. a.C.), per ovvi motivi difensivi: cacciati i re etruschi da Roma, tutta l’Etruria stava per essere attaccata. Veio fu la prima città a cadere (inizio IV secolo), Volsinii e Vulci le ultime (III secolo).
Le descrizioni della città di Volsinii, scritte dallo pseudo-Aristotele e da Zonara (2), mettono in chiaro alcuni punti:

  •  Volsinii era dotata di una possente cinta muraria, ritrovata a Bolsena e non a Orvieto.
  •  Volsinii aveva nel mezzo della città un colle emergente, presente a Bolsena e non a Orvieto.
  •  Volsinii era ricca di acque. Oltre al lago, la città è ricca di sorgenti; Orvieto è situata tra aride colline di creta.

NOTE

  1.  Le raffigurazioni del tempio di Nortia sono pubblicate in “Bolsena Sparita”, di A. Fioravanti, Bolsena 1991. Il testo è nella Biblioteca Comunale di Bolsena.
  2.  Vedi J. Zonara, Epit. Histor, VIII, 7; Pseudo-Aristotele, Vol. IV De Mirab. Auscult.
  3.  L’argomento è stato trattato nel n. 4 dei quaderni dell’associazione Tages.
  4. Il rescritto di Spello consiste in una iscrizione lapidea con la quale l’imperatore Costantino autorizza gli etruschi di Spello a celebrare l’annuale festa presso il loro santuario (Fonti del Clitumno?). Gli Umbri di Spello avevano richiesto all’imperatore di poter celebrare l’importante festività a casa loro risparmiandosi così i disagi del gravoso pellegrinaggio, attraverso monti e valli, per giungere al Fanum di Volsinii.

(English version)

9 thoughts on “FANUM VOLTUMNAE

  1. Dalle ricerche bibliografiche, dalle analisi critiche e dopo il mio recente viaggio nella Tuscia viterbese, non ho dubbi che il lago di Bolsena ospitava l’ombelico degli Etruschi così come il lago Titicaca era il centro del mondo spirituale e politico-religioso degli Incas. Sono troppe le evidenze archeologiche, storiche e geografiche che convergono sulla ubicazione a Bolsena del cosiddetto Fanum Voltumnae, il sacrario della dodecapoli dei Rasna. I tempi etruschi,i sacri boschi e le sacre acque nel vasto raggio nel viterbese costituivano una ricca periferia che aveva per epicentro il lago di Bolsena dove la religiositá panteistica era pre-etrusca e poi etrusca sotto l’egida del dio Vortumno ossia dei cambiamenti e della mutevole fortuna. Bolsena ha il maggior lago vulcanico d’Europa, secondo al mondo dopo il citato lago sudamericano. Solo lì poteva concentrarsi la forza religiosa e politica di una grande e raffinata civiltá come quella etrusca.
    Riccardo Fontana, saggista e conferenziere storico residente in Brasile, romano, figlio di etruschi.

    1. Tutto condivisibile quanto lei scrive. Possiamo solo precisare che, secondo le nostre ricerche, Voltumna è un nome latinizzato (anche nella forma Vortumna) che corrisponde alla dea chiamata dai romani Fortuna. La dea Fortuna degli Etruschi era chiamata Nortia, da un più antico Ursia. Crediamo che questa sia la divinità principale venerata a Volsinii e che la divinità maschile – Vertumnus (latino), Veltha (etrusco) – fosse anch’egli importante ma la tradizione ci dice che il Fanum era principalmente dedicato alla dea.

  2. IL “FANUM VOLTUMNAE” (TEMPIO DEL DIO VERTUMNO – VOLTUMNA) ERA A

    TARQUINIA CENTRO DELLA FEDERAZIONE ETRUSCA

    Tito Livio scrisse che il luogo dove avvenivano le riunioni federali degli Etruschi era il Fanum Voltumnae (tempio di Voltumna). Egli però non spiegò dove fosse il Fanum. E’ comunque da escludere che egli sapesse o intendesse che il Fanum fosse a Volsini. Egli, infatti, in altra occasione (X 37) parlerà di Volsini, Perugia ed Arezzo, e le presenterà tutte insieme come tre distinte “capitali d’Etruria”, ognuna del proprio singolo Stato: “Tres validissimae urbes Etruriae capita: Vulsinii, Perusia, Arretium”. Lo stesso significato ha “caput”, cioè capitale del proprio singolo Stato etrusco, quando Valerio Massimo (IX 9), parlando di Volsini, scrisse che “Caput Etruriae habebatur”.
    Nell’Eneide (VIII, 597 ss.) invece, Virgilio dice che Tarconte (il fondatore di Tarquinia) riunisce presso la foce del fiume Caeritis (identificato con il Mignone presso Còrito “Tarquinia” da Servio e da Elio Donato) l’esercito e la flotta federali etruschi coi loro capi. Inoltre Dionigi di Alicarnasso (III 73) scrisse che gli Etruschi riconobbero Tarquinio Prisco (re di Roma che veniva da Tarquinia) come capo della loro Federazione, e così gli inviarono a Roma le insegne etrusche del potere federale. Strabone (V, 2), poi, specificò che fu da Tarquinia che al tempo di Tarquinio Prisco le insegne del potere furono trasportate a Roma.
    Sul piano storico, è poco probabile che un re di Roma, come tale, abbia rivestito contemporaneamente la carica di re di Roma e di capo della Federazione Etrusca. Tuttavia, le tradizioni riferite da Dionigi e da Strabone sono evidentemente il riflesso di un momento storico in cui i Tarquiniesi avevano sia il controllo di Roma che quello della Lega Etrusca.
    Quando Roma sottomise Tarquinia, il ruolo di centro federale, limitato alle città dell’Etruria settentrionale ancora indipendente, dovette essere svolto da Volsini. Quando, poi, il console Flaminio, nel 264 a.C., sottomise anche questa città, egli stesso trasportò a Roma la statua di Vertumnus (Festo, s.v. Picta; Properzio IV 2). Il culto del dio però preesisteva a Roma sul colle Palatino già dal tempo di Romolo. Varrone disse infatti che il culto di Vertumnus fu introdotto a Roma ad opera degli etruschi di Celio Vibenna venuti in aiuto di Romolo contro Tito Tazio. Lo stesso Tito, poi, divenuto regnante assieme a Romolo, eresse al dio un’ara sul colle Aventino (Varrone, “De Lingua Latina” V 46; 74). Nel “Vicus Tuscus” infatti esisteva una statua la cui base è stata oggi ritrovata (CIL VI 804). Il poeta latino Properzio (IV 2), infine, fece dire al dio d’aver assistito a Roma all’arrivo di Lucumone (Tarquinio?) venuto in aiuto di Romolo contro Tito Tazio.
    Dopo che i Romani ebbero sottomesso anche Volsini, altre città, come Chiusi, poterono assumere via via il ruolo di centro federale per l’Etruria settentrionale; ma, completatasi l’occupazione romana, Tarquinia dovette nuovamente estendere il suo primato sull’intera nazione. E’ qui infatti che ancora ritroviamo le tombe di personaggi presidenti della Federazione; ed è qui che i Romani istituzionalizzeranno la vecchia scuola di aruspicina nel Collegio Federale dei Sessanta Aruspici dove ognuno dei prìncipi delle 12 città federate doveva inviare i propri figli a studiare (Cicerone “Leggi” VI 9; 21; “Divinazione” I 92; Tacito “Annali” XI 15; Valerio Massimo I,1). Nei rilievi del cosiddetto Trono di Claudio, eretto dagli Etruschi di Cere, sono rappresentati i dodici popoli della Federazione; e Tarquinia, personificata da Tarconte (o da Tagete) che ha in mano i Libri Tagetici, occupa ancora il primo posto della rassegna.
    La TABULA PEUTINGERIANA (IV sec. d.C.), che è una carta geografica romana d’epoca imperiale, pone Tarquinia al centro delle grandi vie di comunicazione; inoltre, mentre ogni altra città, Volsini compresa, è rappresentata con due torrette, solo Milano (capitale dell’Impero Romano di Occidente) e Tarquinia (capitale dell’Etruria) lo sono da due torrette poste su un piedistallo.
    La città, peraltro, era la sede del Consularis Tusciae. Qui troviamo la sepoltura del Praetor Etruriae P. Tullio Varrone (CIL 3364). Dagli Acta Santorum (9 agosto), poi, sappiamo che, attorno al 250 d.C., Secondiano fu inviato da Roma a Centumcellae (Civitavecchia) e a Colonia (Gravisca), il porto di Tarquinia, dove fu processato perché cristiano e giustiziato da Marco Promoto, Consularis Tusciae, la cui residenza era evidentemente Tarquinia. Il martire su sepolto in Colonia. A Tarquinia, dove il santo divenne patrono, se ne conserva ancora un braccio. Un governatore della Tuscia e dell’Umbria, poi, sotto Diocleziano, veniva chiamato Tarquinius, nome che può essere indicativo della città dov’egli svolgeva la sua funzione (L. Cantarelli, La diocesi italiciana, 1964, p, 116).
    Nel museo di Tarquinia c’è un vaso etrusco di fine VIII sec. a.C., proveniente dalla vicina necropoli dei Monterozzi, con dedica a Vertun (lat. Vertumnus). Nel famoso specchio di Tuscania (IV sec.a.C.), poi, è graffita una scena, ambientata a Tarquinia, dove si vede Tarchies (Tagete) che alla presenza di Tarconte (fondatore di Tarquinia) legge nel fegato aruspicino. Accanto a Tarchies c’è il dio Veltun (forma recente di Vertun). Evidentemente Tarquinia, era il centro delle coordinate cosmiche che Tarchies leggeva nel fegato aruspicino.

    1. Crediamo che la confusione nella materia ‘etrusca’sia oggi giunta al punto estremo, dopo decenni di studi “ideologici” che poco hanno di attendibilità scientifica. Chi ne esce male è quella cultura accademica, associata a vecchi pregiudizi, che ha bloccato la libera ricerca e il confronto delle idee.
      Il suo lavoro è conosciuto e apprezzato e non è escluso che vi sia stato un importante santuario etrusco in Tarquinia. Lo stesso, però, potrebbe essere pensato rispetto a Vulci, Orvieto ed altre grandi città dell’Etruria.
      Il nostro approccio al tema è però un altro: il vero significato delle parole fanum e Voltumna nel contesto della religione etrusca, basata sul sistema della dodecapoli, dove ogni singola città-stato deteneva sue antichissime tradizioni.
      Le indicazioni che il Fanum nazionale fosse a Volsinii sono così tante e variegate (storiche, archeologiche, geologiche, agiografiche ecc. …) che pare davvero difficile non prenderle in seria considerazione. Non bisogna però commettere lo stesso errore metodologico fatto dalla dott.ssa Stopponi, quando afferma che il Fanum federale era a Orvieto, perché la città era molto importante e aveva un’importante necropoli (che oggi sappiamo di “guerrieri” e non di “sacerdoti”). Non è l’importanza di una città a fare il Fanum, ma una precisa tradizione riguardo ad uno speciale sito dove era in auge il culto di una divinità (Voltumna) sulla cui identità si è parlato poco e frainteso molto. Il nodo centrale del tema è: il culto etrusco della dea della fortuna (Voltumna-Norzia, suoi epiteti), praticato a Volsinii dove, nel tempio della dea, veniva ritualmente infisso un chiodo per “fissare” il tempo. Nel dizionario latino (Calonghi) si legge “Voltumna-ae, femm.”
      Abbiamo raccolto una serie incredibile di dati storici e archeologici, provenienti dalle “Notizie degli scavi” della Soprintendenza, che sono stati “rimossi” e ignorati. Molto presto Tages con altre associazioni terranno un convegno sul tema e, nell’occasione, sarà consegnato al pubblico un libro bianco su tutta la vicenda, sperando di contribuire in modo positivo a fare luce sul tema, per noi fondamentale, delle nostre antiche origini etrusche.
      La redazione di Tages

  3. IL FANUM VOLTUMNAE NON ERA A VOLSINI

    Agli inizi del IV sec. a.C. Camillo ha già liberato Roma dai Galli, e la città sta combattendo contro genti limitrofe. Ma gli Etruschi non sono tranquilli: Roma ha incorporato nel proprio Stato quello di Veio (396 a.C.) e di Capena (395 a.C.), ha stretto ufficialmente alleanza con Cere (396 a.C.), Sutri e Nepi; ha stipulato poi con Faleri una pace indeterminata (394 a.C.) e ne ha stipulata un’altra di venti anni con i Volsiniesi e i Sappianti (391a.C.).
    Roma è ora sui confini di Tarquinia, e può attaccarla in qua-lunque momento. A questo punto, stando a quanto dice Li-vio, a Roma, nel 389 a.C.

    “si venne a sapere attraverso i mercanti che al Fanum Vol-tumnae s’era formata una Lega militare (coniuratio de bello) dei prìncipi di tutti i popoli d’Etruria” (Livio, VI 2).

    Noi osserviamo subito che quella lega non era formata da tutti i prìncipi d’Etruria: mancavano almeno quelli dei popoli che abbiamo appena menzionato, compresi i Volsiniesi che tre anni prima (nel 391 a.C.) avevano stretto con Roma un trattato di pace di venti anni. Se poi questa lega militare s’era composta durante uno dei i conicili federali che si te-nevano al Fanum Voltumnae (Tempio di Voltumna), questo Fanum Voltumnae non era di certo a Volsini ch’era in pa-ce con Roma, bensì verosimilmente a Tarquinia come noi abbiamo più volte e con altri argomenti sostenuto.
    Alberto Palmucci

  4. Questo sito é davvero molto interessante, soprattutto per il confronto di idee e riferimenti agli autori latini. L’unico neo é la data del Rescritto di Spello che datate al 4 sec. a.C. sotto Costantino il Grande. Il refuso “a.C.” potrebbe trarre in inganno, poiché stiamo parlando di d.C.. A mio avviso, il rescritto di Spello é troppo lontano cronologicamente per poter essere considerato una fonte attendibile per collocare il Fanum a Volsinii. In ogni caso, sto scrivendo la mia teoria al riguardo che sarò lieta di condividere non appena avrò finito di scriverla, collocando il fanum in tutt’altro luogo.

    1. Ci scusiamo per la svista, abbiamo provveduto alla correzione. Ci scusiamo anche per il ritardo, il nostro collaboratore ha avuto qualche probleama negli ultimi mesi. Attendiamo che ci invii la sua teoria.
      Grazie.

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